Autoanalisi

Ricordare per poter comunicare.Quello che abbiamo vissuto senza pentimenti e capriole, nè in politica, nè in privato. Molto amore, molta passione ed una spruzzata di fortuna, per noi che avevamo vent'anni in quegli anni.

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domenica 28 agosto 2005

Le mie prigioni!

A metà dell’anno 1970, i fili della vita si legarono in un altro di quei nodi che modificano per sempre la linearità della vita.
Non era il primo che si stringeva e, naturalmente, non fu neppure l’ultimo.

Tardi… è tardi… figurati se non facevamo tardi… eppure glielo avevo detto e ridetto… non mi sta mai a sentire, ma perché poi ci uscirò insieme? C’era bisogno di andare dall’altra parte della città per comprare questi cavoli di sigarette… fa il difficile lui… le vuole diverse… così ci fa la sua bella figura…. e ora siamo bloccati su questo autobus e la manifestazione è già partita… voleva fare il katanga… te lo immagini? “Ragazzi aspettiamo a fare il servizio d’ordine perché manca mister Katanga”… ma vai in quel posto, vai…e guarda lì, prima del Duomo ci sono già i vigili urbani che fanno tornare indietro le macchine…
-Autista ci apre per favore, tanto avanti non si va…no… no, ma si sta attenti… guardi che non è mica soltanto per noi, ci sono delle signore anziane che non respirano…
Non vuole aprire…oh, allora, forza… ma questo o è scemo o ci fa… meno male che appena ho parlato hanno cominciato a brontolare tutti…
-Guardi che siamo vicini al marciapiede… e poi vede che casino, non potremo mica passare il pomeriggio qui sopra…
E vai che si è scatenato l’effetto domino… senti che confusione… alla fine se non apre lo picchiano…
Oh, ha aperto… vai forza scendi… veloce, tira via… dai… dai che è tardi.
Ora mi tocca correre, il comizio dei fasci era dietro al Chiosco degli Sportivi, ma vattelappesca dove si sono posizionati tutti… sento delle sirene e poi dei colpi ovattati… vai ci siamo… è già cominciato il casino e non sappiamo neppure da dove passare…
Ho già il fiatone, cammino veloce. Sono già quasi all’altezza dei portici… Fabio è accanto a me, ma mi fa rabbia soltanto la sua ombra…
Un colpo… forte, ma veramente forte e poi sette od otto che corrono verso di noi, il fazzoletto davanti al viso… si chiamano e si cercano con lo sguardo… poi vedono noi, qualcuno deve averci riconosciuto… via, via… ci dicono di correre via… via veloci dietro l’angolo che arriva la pula…
Non arriva nessuno, ma il vento ci porta una zaffata di lacrimogeno che ci punge subito gli occhi… ecco cos’era quel colpo… ci siamo fermati e torniamo ad avanzare… ho messo anch’io il fazzoletto, anche se l’utilità è minima…
Ci affacciamo a vedere la prospettiva intera della galleria… a centocinquanta metri ci sono le tute grigioverdi dei celerini con gli scudi e qualche divisa nera dei CC con i Garand con i lacrimogeni innestati.
Proviamo ad andare avanti, loro sono abbastanza lontani e sembrano voler stare fermi a proteggere la piazza retrostante… con la coda dell’occhio vedo un’ombra filare in aria… molto in alto… diretta verso i celerini… nello stesso istante sento gridare dietro di me… la frase è gutturale e la paura del gesto inaspettato non me la fa capire bene… di sicuro qualcuno si è preso del maiale… l’ombra è salita, poi è scesa ed ora non è più un’ombra, ma una fiamma… colpisce il pavimento di piastrelline ed esplode in ogni direzione… rumore e fuoco, e subito, immediato, un altro colpo e poi un altro ancora… vedo il fumo in cima alle canne dei fucili e poi le due ogive di plastica che navigano nell’aria ad altezza d’uomo… si abbassano… rimbalzano e dietro di loro lasciano un fumo bianco, che il vento non si decide se far arrivare dalla nostra parte o rispedire verso quei volti nascosti dalle maschere antigas.
Questo vedo e questo penso in tre o quattro secondi, poi la paura stana l’adrenalina dal suo covo ed io scatto indietro, giusto in tempo per vedermi passare tra i piedi, a velocità ridotta, uno dei due candelotti.
Cambiare posizione, subito, qui non si riesce ad andare avanti e poi siamo scoperti.
Giriamo attorno al caseggiato, siamo dalla parte di Piazza Repubblica… nel mezzo troneggiano due idranti i cui cannoni perdono ancora acqua… siamo una trentina dietro l’angolo…Tutto intorno a noi si è fatto il vuoto… le vetrine sono tutte serrate… la gente ha pensato bene di togliersi di torno… appena mettiamo fuori il naso questi ci spazzano via… dobbiamo distrarli dall’altra parte, mentre qui mettiamo di traverso delle auto…
-Chi va di là? Lucio, Anto, Capello fate il giro e tirateveli dietro! Forza veloci e non fatevi beccare…
Passano due minuti e poi vediamo partire una sassaiola da via del Corso…
Le torrette delle pompe ruotano immediatamente ed iniziano a lanciare acqua… il primo getto colpisce in pieno la serranda a maglie del negozio d’angolo, l’acqua penetra all’interno e sette od otto scatole da scarpe iniziano a galleggiare per la soddisfazione del bottegaio che domattina aprirà il negozio… i tubi di scarico ruggiscono e sputano un fumaccio nero, mentre gli idranti partono in avanti… noi abbiamo già iniziato a spostare le auto: due Simca, una Renault ed una Fiat seicento… da questa parte la strada è bloccata… ci sbracciamo per dire agli altri di ritirarsi…
Ora bisogna ripetere l’azione dall’altra parte, prima che loro capiscano tutto e facciano partire le jeep… ma, invece, non ci lasciano il tempo di riflettere… cazzo sono già qui… sono arrivati di corsa anche loro… sono appena al di là delle auto… via via veloci, ripiegare… sento delle urla ed i soliti tonfi ovattati… poi non vedo più niente… gli occhi mi bruciano da morire… la gola non vuol saperne di far passare l’aria… qualcuno mi tira per un braccio… mi lascio portare via inciampando, ubriaco di paura, mentre penso che non ce la farò mai a tirare un altro respiro… che stronzo, soffocare con quattro pacchetti di Malboro in tasca… neanche fossi uno del Manifesto o del PSIUP…
Ci siamo allontanati e tra le lacrime comincio ad intravedere delle ombre… lo stomaco è in subbuglio e vomiterei volentieri…siamo in Piazza Duomo, lontani ed al sicuro… sento ancora le sirene e gli schianti, ma lontani… questa volta Fabio è servito a qualcosa…
-Grazie eh, me lo sono preso in pieno, che bischero vero?
Devo andare a casa a lavarmi… Fabio vuole accompagnarmi… guarda che non importa… lo so, lo so… ma magari le bischerate insieme facciamole meglio, che questa non è proprio stata un granché…
Sono trascorsi quaranta minuti, quando torniamo di nuovo verso Piazza Strozzi.
Il comizio è finito e così gli scontri. I celerini devono già essere rientrati in caserma, il puzzo dei lacrimogeni quasi non si avverte più.
-Andiamo al bar vai, vediamo se incontriamo qualcuno che ci racconta… oggi è andata così…
-Passiamo dietro al Chiosco degli Sportivi che facciamo prima… voglio prendere un caffé…
Davanti al palco da dove ha parlato il missino ci sono ancora molte persone, nella calca vedo poco e male.
Fabio è avanti a me due, tre metri…
Improvvisamente quello che mi pareva un muro di folla si apre… dalla piazza arrivano correndo due CC in assetto antisommossa e dietro di loro tre o quattro con la faccia che non promette niente di buono…
A questo punto il film della giornata diventa una foto.
La mente comincia a rallentare… vedo che mi puntano e sento, chiaramente, qualcuno che grida : “Quello, quello, prendi quello che ha le tasche piene di sassi, bloccalo!”
Fabio era già avanti… sprinta e sparisce tra la gente… sono solo e mi accorgo, con orrore, che siamo finiti in mezzo ai fasci… ma che scemi, che giornata del cazzo… se mi prendono mi ammazzano… ho talmente paura che rimango bloccato come un manichino… due secondi dopo sono stato preso per le braccia… me le torcono dietro ed un dolore acuto mi morde le spalle… istintivamente mi muovo in avanti ed un po’ camminando un po’ trascinato dai due CC mi ritrovo davanti alle scalette del cellulare.
Sento tutto intorno urla ed insulti… le voci che invece vengono da sotto i caschi dei carabinieri mi sembrano quelli di ragazzi come me… tutto è avvolto in un’atmosfera strana, tant’è che sono convinto di sognare… si, insomma, me lo avevano detto che a volte i sogni sono talmente concreti da confondersi con la realtà, ma non ci avevo mai creduto… si apre la porta del cellulare… all’interno varia umanità, tutta giovane come me… sento il calcio del fucile nella schiena e mi affretto a salire… la porta si richiude e rimango per qualche momento stranito… gli altri mi guardano con la stessa faccia… non conosco nessuno… due sono bagnati come pulcini… un altro è grosso due volte me… altri due sono in ombra verso il fondo… fuori è già il crepuscolo.
Lentamente realizzo: mi hanno beccato!
Quello che tante volte ho sentito dire da altri è capitato a me!
Panico su panico: a casa mi aspettano, ho detto che uscivo mezz’ora e tornavo ed adesso come faccio?
Tutti stanno in silenzio e mi pare che nessuno abbia voglia di parlare.
Ho la giacca a vento chiusa sino al collo, la apro, qui dentro fa un caldo boia… il fazzoletto… porc…ho ancora il fazzoletto… me lo devo togliere e subito… e senza farmi notare… può essere che senza me la cavo… come faccio ad avvisare… Fabio avrà visto che mi hanno beccato?
Speriamo li avvisi lui… forse loro possono aiutarmi…
Urla fuori. In quattro hanno preso uno che sarà un metro e novanta… ha il casco in testa e si divincola… strattona e cerca di colpire con una pedata il celerino dinanzi a lui… nel frattempo è arrivato un pazzo da dietro e gli ha calato il manganello tra la base del casco e le spalle… si è sentito un pof anche da dentro il cellulare… ora quel disgraziato è per terra e non so se sia svenuto o meno… lo lasciano tutti… uno si china per vedere come sta… e poi… poi… Madonna! Uno si è voltato di scatto e gli ha lasciato andare un calcio con lo scarpone d’ordinanza proprio in mezzo alle gambe… quello che ora sembra un fantoccio, da inerte che era ha fatto un sobbalzo ed ha cominciato a battere il casco per terra… dire che sono terrorizzato è dir poco… questo è il Cile… la Grecia… serro i ferri che bloccano il finestrino e mi impongo di guardare … un giovane CC, probabilmente di leva, gli toglie il casco, proprio in tempo perché quel poveretto inizi a vomitare… il colore cremisi che macchia l’asfalto mi fa venir voglia di imitarlo… i due ragazzini bagnati fradici che sono con me, si voltano di colpo ed uno inizia a piangere… lo farei volentieri anch’io se un minimo di dignità non me lo impedisse…
Lo portano via… lo caricano su di una ambulanza militare che parte lenta e senza sirena.
Mi metto a sedere e quasi immediatamente sento un colpo sull’esterno del cellulare: c’è una “cosa” rasata a zero che con una mano mi fa il saluto romano e con l’altra un gesto osceno.
Mi volto dall’altra parte mandandolo a quel paese: il cellulare è una gabbia, se io sono dentro lui è fuori, dunque non conta al momento. Il fascio si allontana e si avvicinano due signore di una certa età. Non so se sono incuriosite o se cercano un nipote qualsiasi. Gli dico di avvicinarsi. Scrivo velocemente su di un pezzetto di carta il numero di telefono di casa e lo getto attraverso il pertugio di sicurezza della porta. A cenni gli chiedo se, per favore, possano fare quel numero. Sembrano accettare, ma se ne vanno subito.
Fuori, ora, non c’è quasi più nessuno salvo i carabinieri.
Mi guardo attorno, il panico si è tramutato in preoccupazione.
Il grosso sta zitto a testa bassa e sembra parli tra se e se. Ha l’aspetto inquietante del calciante.
Tip e Tap hanno smesso di piangere e di consolarsi, avranno si e no quindici anni.
I due in fondo hanno l’aria da bravi ragazzi, ma uno ha un pantalone scucito ed insanguinato.
Tra noi dei gruppi ci conosciamo un po’ tutti, ma questi sono tutti facce sconosciute.
Il tempo ha ripreso a scorrere e pure velocemente se è vero che fuori oramai è buio.
Ora si sentono voci avvicinarsi, i toni sono più rilassati, probabilmente la sbirraglia va smobilitando.
Di colpo il cellulare accende il motore e con la dolcezza di un blindato si mette in movimento.
Mi torna di colpo la paura. Dove ci portano? Spero in Borgognissanti e non al Reparto, perché lassù a quest’ora saranno tutti ubriachi o di rabbbia o di onnipotenza, condizione che per noi significherebbe soltanto un fracco di botte.
Ci avviamo verso i Lungarni, si va dai CC. Meno male.
Questa caserma l’avevo vista soltanto una volta con mio padre per la festa delle Forze Armate. Almeno la sorte ha conservato la sua ironia.
Siamo dentro. A spintoni ci fanno scendere e salire le scale fino al secondo piano. Ci dividono uno per stanza. Dopo poco passa un brigadiere e mi chiede i documenti e poi si fa ridire tutti i dati a voce. Poi mi lascia solo, la porta è aperta, la saletta dove chiamano il primo fermato è accanto alla mia.
Tocca a Tap. Sento che gli richiedono le generalità, almeno sembra. Poi all’improvviso uno comincia ad urlare “Bastardo di m… hai fatto la doccia prima di uscire eh… cretino rispondi, forza, che non vedo l’ora di prenderti a schiaffi…” la voce si abbassa e non si sente più nulla.
Dopo venti minuti, più o meno, esce sottobraccio al solito brigadiere, alza appena la testa passandomi davanti. Occhi vuoti, rassegnati.
Ora entra Tip. Sento un colpo sulla scrivania e poi la sua voce stridula “No. No. Fermi, non mi fate male, è come dite voi, è tutto come dite voi…” “Dillo che sei uno scemo, dillo… più forte…bravo, così” . Tip esce piangendo con un ausiliario che l’accompagna. Ha gli occhi bassi e forse neppure mi vede.
Passa il grosso, testa bassa, gli occhi quasi chiusi. Lo portano in due, sembrano non fidarsi di quella sua calma piatta. Sento che gli chiedono di declinare le generalità e lui, con calma, scandendo le parole, con voce tranquilla gli regala un non certo sommesso “Ma vaffa’
n’ culo!”.
C’è un attimo di silenzio, mi pare di vedere le loro facce stupite, poi gli sguardi scambiati, forse più di uno sorride agli altri quando capiscono che comincia la loro festa… si iniziano a sentire colpi, sedie che cadono, grugniti e gemiti e qualcuno che ora urla… arriva di corsa un ausiliario e chiude la mia porta.
Passano una decina di minuti poi la porta si riapre. C’è silenzio, forse soltanto dei respiri affannati. Esce un graduato e fa segno a qualcuno dietro di lui che può venire avanti… vedo tre CC che tengono il mio compagno d’avventura, due per le braccia, l’altro per il collo in una sorta di mossa da lotta libera… il grosso sanguina abbondantemente dalla bocca e dal naso e la faccia è tutta impiastricciata di sangue e muco… ma quando passa davanti alla mia porta ha uno scatto dei suoi… torce la testa procurandosi probabilmente un dolore atroce e grida “compagno…” il resto si perde nell’avanbraccio del CC che ora gli serra ancor più collo e bocca… ma con uno guizzo incredibile si libera il braccio e cerca di portarlo in alto, la mano stretta a pugno… non ci riesce perché una della gurardie di lato gli lascia andare un pugno nello stomaco che lo affloscia come una marionetta.
Io, ovviamente, sono una statua di sale. Le ghiandole scaricano adrenalina e l’inquietudine monta divenendo paura e poi forse qualcosa di più… panico, si panico di fare la stessa fine degli altri… ma ora passano i due che avevo visto assieme sul cellulare e che ora mi appaiono troppo somiglianti per non essere fratelli… l’uno aiuta l’altro che zoppica ed avanza toccandosi la gamba, una smorfia di dolore sul volto. Spariscono nell’altra stanza seguiti da un CC e questa volta non si sente niente, niente voci, niente lamenti. E’ arrivato nel frattempo uno sui cinquanta, giacca e cravatta e sta parlando con un maresciallo, poi entra anche lui nella stanza.
Dopo una decina di minuti escono tutti insieme ed il maresciallo stringe la mano dell’incravattato. Questi hanno i santi in paradiso. O è un politico o è un avvocato.
Sta il fatto che se ne vanno mentre uno di loro beve tranquillamente da un bicchiere di carta.Mi sa che ora tocca a me. Che gli invento a questi? Devo trovare la cosa più banalmente stupida che esista, devo farmi passare per un meschinello e se non mi presteranno fede, darò comunque loro la via d’uscita di far finta di credermi.
Sarò così furbo da trasformarmi in un emerito cretino? e con questa paura addosso poi?
Big Ben ha detto stop. Tocca a me.
Lo stomaco non esiste più, la saliva passa direttamente dalla gola agli intestini, procurandomi spasmi notevoli.
-Chi sei? Sono in tre e mi guardano incazzati. Io ripeto nome, cognome ed indirizzo e sottolineo di abitare vicino, anzi, quasi all’interno della chiesa. Un po’ di fede non fa mai male.
- Perché ero lì? No, guardi maresciallo che io non c’entro niente, stavo andando al bar come faccio ogni giorno e mi hanno preso, ma guardi che, glielo possono confermare, mica ho fatto resistenza, anzi… e poi senta, a proposito, dovrei chiederle un favore, sempre se è possibile, altrimenti lasci stare… ecco vede io dovevo vedere una ragazza al bar… ma sa, non era la mia… che se lei viene a saperlo mi fa una canata… si… si guardi che lo so che sono stupidaggini, ma per me sarebbe importante… insomma sempre che loro possano chiudere un occhio… perché per questa cosa del comizio sono tranquillo, ma per la fregatura alla mia fidanzata molto meno… sa, ci tengo, anche se a volte… insomma mi capisce… si, si sto zitto!
-Perché sei passato di lì, ti hanno visto con i sassi in tasca!
-No guardi che c’è un equivoco… soltanto che anche qui ho fatto una stupidata… si, si ora glielo dico… insomma ero andato a comprare le sigarette di contrabbando… guardi che io le compro sempre dal tabacchino, ma il mio amico ha detto dai… e dai, vieni… insomma non ho saputo dirgli di no…oh, ma guardi che se c’è da pagare una multa i miei la pagano… solo che ora magari staranno in pensiero… dovevo tornare per le sette ed ora è più di mezzanotte… chissà come stanno male… no, guardi che non sono lacrime di coccodrillo, è che è soltanto che sono in pensiero per loro… quando sanno che mi hanno portato in caserma gli prende un colpo… sa mio padre fa l’artigiano e mia madre la cassiera di bar… si, insomma si tira avanti e loro si sacrificano per farmi studiare e io ora gli dò questi dispiaceri… no, no non mi serve il dottore sto bene…
Entrano i due CC che mi hanno beccato.
-No effettivamente non ha opposto resistenza e quando lo abbiamo fermato camminava regolarmente lato strada, ma sa in quella confusione…
-Va bene, levati di qui e ricordati che rimani schedato, ti sei giocato il futuro, cretino! Vai, vai!
Mi alzo, ringrazio ed esco come camminando sulle nuvole.
Scendo al piano terra, lentamente, molto lentamente.
Esco dalla caserma. Volto l’angolo, mi giro e mi guardo alle spalle. Niente e nessuno.
Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta… scatto come un centometrista, l’aria fresca della notte sulla faccia… corro fino alla prima cabina telefonica e chiamo casa.
- Sono io , sono io, vi avevano avvertito? No, anzi si, mi rispondono, quel cretino di Fabio si è deciso soltanto alle nove a chiamare non avendo mie notizie.
-Dove sono? Sul Lungarni… vicino alla pescaia… venite a prendermi?
Si, si grazie, vi aspetto…
Esco dalla cabina e mi accendo una sigaretta.
Aspiro ed è come farsi due etti di fumo.
L’Arno è veramente d’argento, la pescaia brilla alla luna ed io sono felice come non mai.
E’ andata, fumo ed assorbo questa notte che è tutta mia, densa come la cioccolata calda, profumata come una ragazza della pubblicità, una ragazza mamma ed amante che mi stringe forte, mi dice bravo, è andata, sei qui con me ora, stai tranquillo.
Anche questo nodo della vita, duro e stretto, è passato tra le mie dita ed anche se le ha lasciate piagate e forse la cicatrice si vedrà per sempre, è uscito dal presente per divenire passato
Fari… il Maggiolino di mio zio… arrivano i compagni… arriva il Settimo Lancieri…
arriva il domani, che, probabilmente, sarà meglio di questo oggi.
Ed io ci sarò.
Figurarsi se non ci sarò!

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